7. Il nuovo eletto, poi, pensi sempre al carico che si è addossato e a chi dovrà rendere conto del suo governo
8. e sia consapevole che il suo dovere è di aiutare, piuttosto che di comandare.
9. Bisogna quindi che sia esperto nella legge di Dio per possedere la conoscenza e la materia da cui trarre “cose nuove e antiche”, intemerato, sobrio, comprensivo
10. e faccia “trionfare la misericordia sulla giustizia”, in modo da meritare un giorno lo stesso trattamento per sé.
11. Detesti i vizi, ma ami i suoi monaci.
12. Nelle stesse correzioni agisca con prudenza per evitare che, volendo raschiare troppo la ruggine, si rompa il vaso:
13. diffidi sempre della propria fragilità e si ricordi che “non bisogna spezzare la canna già incrinata”.
14. Con questo non intendiamo che l’abate debba permettere ai difetti di allignare, ma che li sradichi – come abbiamo già detto – con prudenza e carità, nel modo che gli sembrerà più conveniente per ciascuno,
15. e cerchi di essere più amato che temuto.
16. Non sia turbolento e ansioso, né esagerato e ostinato, né invidioso e sospettoso, perché così non avrebbe mai pace;
17. negli stessi ordini sia previdente e riflessivo e, tanto se il suo comando riguarda il campo spirituale, quanto se si riferisce a un interesse temporale, proceda con discernimento e moderazione,
18. tenendo presente la discrezione del santo patriarca Giacobbe, che diceva: “Se affaticherò troppo i miei greggi, moriranno tutti in un giorno”.
19. Seguendo questo e altri esempi di quella discrezione che è la madre di tutte le virtù, disponga ogni cosa in modo da stimolare le generose aspirazioni dei forti, senza scoraggiare i deboli.
20. E soprattutto osservi e faccia osservare integramente la presente Regola
21. per potersi sentir dire dal Signore, al termine della sua onesta gestione, le parole udite dal servo fedele, che a tempo debito distribuì il frumento ai suoi compagni:
22. “In verità vi dico: – dichiara Gesù – gli diede potere su tutti i suoi beni”.
Capitolo LXIV – L’elezione dell’abate – 1, 6
1. Nell’elezione dell’abate bisogna seguire il principio di scegliere il monaco che tutta la comunità ha designato concordemente nel timore di Dio, oppure quello prescelto con un criterio più saggio da una parte sia pur piccola di essa.
2. Il futuro abate dev’essere scelto in base alla vita esemplare e alla scienza soprannaturale, anche se fosse l’ultimo della comunità.
3. Se invece, – non sia mai! – la comunità eleggesse, sia pure di comune accordo, una persona consenziente ai suoi abusi,
4. e il vescovo della diocesi o gli abati o i fedeli delle vicinanze ne venissero comunque a conoscenza
5. devono impedire in tutti i modi che il complotto di quegli sciagurati abbia il sopravvento e nominare un degno ministro della casa di Dio,
6. ben sapendo che ne riceveranno una grande ricompensa, mentre invece sarebbero colpevoli, se non se ne curassero.
Capitolo LXIII – L’ordine della comunità – 10, 19
10. I più giovani, dunque, trattino con riguardo i più anziani, che a loro volta li ricambino con amore.
11. Anche quando si chiamano tra loro, nessuno si permetta di rivolgersi all’altro con il solo nome,
12. ma gli anziani diano ai giovani l’appellativo di “fratello” e i giovani usino per gli anziani quello di “reverendo padre”, come espressione del loro rispetto filiale.
13. L’abate poi sia chiamato “signore” e “abate”, non perché si sia arrogato da sé un tale titolo, ma in onore e per amore di Cristo del quale sappiamo per fede che egli fa le veci.
14. Da parte sua, però, rifletta sull’onore che gli viene tributato e se ne dimostri degno.
15. Dovunque i fratelli si incontrano, il più giovane chieda la benedizione al più anziano;
16. quando passa un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto, guardandosi bene dal rimettersi a sedere prima che l’anziano glielo permetta,
17. in modo che si realizzi quanto è scritto: “Prevenitevi a vicenda nel rendervi onore”.
18. I ragazzi più piccoli e i giovanetti occupino in coro e in refettorio i posti loro spettanti secondo la Regola:
19. ma fuori di lì siano sorvegliati e tenuti dappertutto sotto la disciplina, finché non avranno raggiunto un età più matura.
Capitolo LXIII – L’ordine della comunità – 1, 9
1. Nella comunità ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo ingresso o l’esemplarità della sua condotta o la volontà dell’abate.
2. Bisogna però che quest’ultimo non metta lo scompiglio nel gregge che gli è stato affidato, prendendo delle disposizioni ingiuste come se esercitasse un potere assoluto,
3. ma pensi sempre che dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni e azioni.
4. Dunque i monaci si succedano nel bacio di pace e nella comunione, nell’intonare i salmi e nei posti in coro, secondo l’ordine stabilito dall’abate o a essi spettante.
5. E in nessuna occasione l’età costituisca un criterio distintivo o pregiudizievole per stabilire i posti,
6. perché Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudicarono gli anziani.
7. Quindi, a eccezione di quelli che, come abbiamo già detto, l’abate avrà promosso per ragioni superiori o degradato per motivi fondati, tutti gli altri occupino sempre i posti determinati dalla data del rispettivo ingresso,
8. in modo che il monaco, arrivato – per esempio – in monastero alle 9, sappia di essere più giovane di quello arrivato alle 8, quale che sia la sua età e dignità.
9. Per quanto riguarda i ragazzi, invece, si osservi in tutto e per tutto la relativa disciplina.
Capitolo LXII – I sacerdoti del monastero – 1, 11
1. Se un abate desidera che uno dei suoi monaci sia ordinato sacerdote o diacono per il servizio della comunità scelga in essa un fratello degno di esercitare tali funzioni.
2. Ma il monaco ordinato si guardi dalla vanità e dalla superbia
3. e non creda di poter fare altro che quello che gli ordina l’abate, tenendo sempre presente che d’ora in poi dovrà essere maggiormente sottomesso alla disciplina.
4. Né col pretesto del sacerdozio trascuri l’obbedienza alla Regola o la disciplina, ma anzi progredisca sempre più nelle vie di Dio.
5. Conservi sempre il posto che gli spetta in corrispondenza del suo ingresso in monastero,
6. tranne che per il ministero dell’altare, oppure nel caso che la scelta della comunità o la volontà dell’abate l’abbiano promosso in considerazione della sua vita esemplare.
7. Sappia però che deve osservare la disciplina prestabilita per i decani e i superiori.
8. Se avrà la presunzione di agire diversamente, non sia più trattato come un sacerdote, ma come un ribelle.
9. E nell’eventualità che, dopo essere stato ammonito non si correggesse, si chiami a testimonio anche il vescovo.
10. Ma se neanche allora si emendasse e le sue colpe diventassero sempre più evidenti, sia espulso dal monastero,
11. purché però sia stato così ostinato da non volersi sottomettere e obbedire alla Regola.
Capitolo LXI – L’accoglienza dei monaci forestieri – 6, 14
6. Se però, quando era ospite si è dimostrato pieno di pretese e di difetti, non solo non dev’essere aggregato alla comunità,
7. ma bisogna dirgli garbatamente di andarsene per evitare che le sue miserie contagino anche gli altri.
8. Invece, se non merita di essere allontanato, non sia accolto e incorporato nella comunità solo nel caso che ne faccia domanda,
9. ma sia addirittura invitato a rimanere, perché gli altri possano trarre profitto dal suo esempio
10. e perché dappertutto si serve il medesimo Signore e si milita sotto lo stesso Re.
11. Anzi, se l’abate lo ritiene degno, può anche assegnargli un posto un po’ elevato.
12. E non solamente un monaco, ma anche coloro che appartengono all’ordine sacerdotale o al chiericato, l’abate può destinare a un posto superiore a quello corrispondente al loro ingresso in monastero, se ha notato che la condotta lo merita.
13. Si guardi però sempre dall’ammettere stabilmente nella sua comunità un monaco proveniente da un monastero conosciuto, senza il consenso e le lettere commendatizie del suo abate,
14. perché sta scritto: “Non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te”.
Capitolo LXI – L’accoglienza dei monaci forestieri – 1, 5
1. Se un monaco forestiero, giunto di lontano, vuole abitare nel monastero in qualità di ospite
2. e si dimostra soddisfatto delle consuetudini locali,
3. accontentandosi con semplicità di quello che trova, senza disturbare la comunità con le sue pretese, sia accolto per tutto il tempo che desidera.
4. Nel caso poi che egli rilevi qualche inconveniente o dia qualche suggerimento, l’abate si chieda se il Signore non lo abbia mandato proprio per questo.
5. E se in seguito vorrà fissare la sua stabilità nel monastero, non si opponga un rifiuto a questa sua richiesta, tanto più che durante la sua permanenza si è avuto modo di studiarne il comportamento.
Capitolo LX – I sacerdoti aspiranti alla vita monastica – 1, 9
1. Se qualche sacerdote chiede di essere ammesso nel monastero, non bisogna affrettarsi troppo ad accogliere la sua richiesta.
2. Ma se continua a insistere in questa preghiera, sappia che dovrà osservare tutta la disciplina della Regola,
3. senza la minima attenuazione, in modo che gli si possa dire con la Scrittura: “Amico, che sei venuto a fare?”.
4. Gli si conceda tuttavia di prender posto dopo l’abate, di dare la benedizione e di recitare le preci finali, purché l’abate disponga così;
5. altrimenti non pretenda assolutamente nulla, anzi sia per tutti un esempio di umiltà, ben sapendo di essere soggetto alla disciplina della Regola.
6. E se per caso nella comunità si dovesse trattare dell’assegnazione delle cariche o di qualche altro affare,
7. occupi il posto che gli spetta corrispondentemente al suo ingresso in monastero e non quello che gli è stato concesso in considerazione della sua dignità sacerdotale.
8. Se poi qualche chierico, spinto dallo stesso desiderio, volesse essere aggregato alla comunità, sia assegnato a un posto di un certo riguardo,
9. ma sempre a condizione che prometta anche lui l’osservanza della Regola e la propria stabilità.
Capitolo LIX – I piccoli oblati – 1, 8
1. Se qualche persona facoltosa volesse offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il ragazzo è ancora piccino, i genitori stendano la domanda di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente
2. e l’avvolgano nella tovaglia dell’altare insieme con l’oblazione della Messa e la mano del bimbo, offrendolo in questo modo.
3. Per quanto riguarda poi i loro beni, o nella domanda suddetta promettano di non dargli mai nulla, né direttamente né per interposta persona, né in qualsiasi altro modo, e neanche di dargli mai l’occasione di procurarsi qualche sostanza,
4. oppure, se non intendono regolarsi secondo questa prassi e desiderano offrire qualche cosa al monastero per la salute dell’anima loro,
5. facciano donazione dei beni che vogliono regalare al monastero, riservandosene, se credono, l’usufrutto.
6. Così si precludano tutte le vie, in modo da non lasciare al ragazzo alcun miraggio da cui possa esser tratto in inganno e – Dio non voglia! – in perdizione, come ci ha insegnato l’esperienza.
7. La stessa procedura seguano anche i meno abbienti.
8. Quanto a coloro che non possiedono proprio nulla, facciano semplicemente la domanda e offrano il loro figlioletto con l’oblazione della Messa, alla presenza di testimoni.
Capitolo LVIII – Norme per l’accettazione dei fratelli – 17, 29
17. Al momento dell’ammissione faccia in coro, davanti a tutta la comunità, solenne promessa di stabilità, conversione continua e obbedienza,
18. al cospetto di Dio e di tutti i suoi santi, in modo da essere pienamente consapevole che, se un giorno dovesse comportarsi diversamente, sarà condannato da Colui del quale si fa giuoco.
19. Di tale promessa stenda un documento sotto forma di domanda, rivolta ai Santi, le cui reliquie sono conservate nella chiesa, e all’abate presente.
20. Scriva di suo pugno il suddetto documento o, se non è capace, lo faccia scrivere da un altro, dietro sua esplicita richiesta, e lo firmi con un segno, deponendolo poi sull’altare con le proprie mani.
21. Una volta depositato il documento sull’altare, il novizio intoni subito il versetto: “Accoglimi, Signore, secondo la tua promessa e vivrò; e non deludermi nella mia speranza”.
22. Tutta la comunità ripeta per tre volte lo stesso versetto, aggiungendovi alla fine il Gloria.
23. Poi il novizio si prostri ai piedi di ciascuno dei fratelli per chiedergli di pregare per lui e da quel giorno sia considerato come un membro della comunità.
24. Se possiede dei beni materiali, li distribuisca in precedenza ai poveri o li doni al monastero con un atto ufficiale senza riservare per sé la minima proprietà,
25. ben sapendo che da quel giorno in poi non sarà più padrone neanche del proprio corpo.
26. Quindi, subito dopo, sia spogliato in coro delle vesti che indossa e rivestito dell’abito monastico.
27. Ma gli indumenti di cui si è spogliato devono essere conservati nel guardaroba,
28. in modo che, se in seguito dovesse – Dio non voglia!- cedere alla suggestione diabolica e lasciare il monastero, sia mandato via senza l’abito monastico.
29. Non gli si restituisca invece la domanda che l’abate ha ritirato dall’altare, ma sia conservata in monastero.