E e SI – Empatia e Simpatia – differenze sostanziali

Ecco la trascrizione di cosa dice Brené nel video qui sopra:

Che cos’è l’empatia e perché è così differente dalla simpatia (nel sottotitoli “simpatia“, è tradotto con “compassione“)? L’empatia fa percepire i legami, la simpatia guida le disconnessioni. L’empatia è molto interessante: Teresa Wiseman è una ricercatrice infermeristica, che ha studiato professioni molto diverse, per le quali l’empatia era rilevante. E ha individuato quattro qualità essenziali dell’empatia:

  1. Prospettiva: l’abilità di mettersi nei panni dell’altra persona o riconoscere che quel punto di vista rappresenta la loro verità
  2. Astenersi dal giudicare: non facile, dal momento che piace alla maggior parte di noi
  3. Riconoscere le emozioni nelle altre persone e
  4. Comunicarglielo

Empatia è essere in contatto con le altre persone. E per me… io penso all’empatia come a una specie di spazio sacro, che si crea quando qualcuno è sul fondo di un buco profondo, grida e dice: <<sono bloccato, è buio, sono sopraffatto>>. E noi li guardiamo e diciamo (scendiamo): <<Hey. So cosa succede quaggiù… e non sei solo…>>.

La simpatia invece è: <<Uuuhhhh! Va male eh? Ehm… No… Vuoi un panino?>>.

L’empatia è una scelta ed è una scelta vulnerabile, perché… per entrare in contatto con te devo entrare in contatto con qualcosa dentro di me che conosce questi sentimenti. Raramente, o mai, una risposta empatica comincia con “almeno…”. Sì, e lo facciamo sempre, sapete perché? Qualcuno condivide con noi qualcosa di estremamente doloroso e noi proviamo ad “imbellirla”. Non sono nemmeno sicura che sia un verbo, ma lo uso come se lo fosse. Cerchiamo di farlo vedere sotto una buona luce, quindi…

<<Ho avuto un aborto spontaneo>>. <<Almeno sai che puoi rimanere incinta>>.

<<Penso che il mio matrimonio stia andando in frantumi>>. <<Almeno sei sposata>>.

<<John verrà espulso dalla scuola>>. <<Almeno Sara è una studentessa modello>>.

Una cosa che facciamo a volte, difronte a conversazioni molto difficili, è cercare di migliorare le cose. Se condivido con te qualcosa di molto duro, preferirei tu dicessi:

ASCOM – Corso di Public Speaking

Esiste solo una possibilità per fare la prima buona impressione!

Si deve parlare in modo chiaro e con un tono di voce piacevole. In questo caso, anzi, il modo e il tono sono a volte più importanti del contenuto.

Si è svolto nelle giornate di Giovedì 15 e Lunedì 19 Febbraio nella sede dell’ASCOM di Osio Sotto il corso di public speaking rivolto ai dirigenti di ASCOM Bergamo.
Un corso volto ad affermare, rafforzare e consapevolizzare le competenze comunicative ed il modo di porsi e parlare in pubblico.

Si è imparato a padroneggiare le emozioni e a gestire qualunque tipo di uditorio, attraverso le tecniche più evolute del Public Speaking.
Si è imparato a controllare le obiezioni del pubblico attraverso lo sviluppo di tecniche relazionali avanzate utilizzando le tecniche più efficaci per “agganciare” l’attenzione dall’inizio alla fine.

La differenza tra un grande: manager o tecnico

Manager o tecnico

Da un colloquio con il Dott. Hazan

Il grande tecnico può diventare unico al mondo e vincere anche il premio Nobel. Un grande manager non deve essere un grande tecnico, anzi.

In qualche multinazionale è successo. Alla General Elettric almeno un paio di supertecnici hanno vinto il premo Nobel e nella chimica alla Bayer almeno due lo hanno vinto.

Un tecnico, all’inizio, deve imparare molte cose.

Quando un manager inizia la sua carriera deve studiare e comprendere le dinamiche del management; si forma e per farlo ci vogliono almeno cinque anni di studio. In quella specialità, che ha seguito, è molto preparato. Lui deve imparare, è per quello che va formato. Un buon manager deve sapere di tutto. Deve sapere i fondamentali. Il direttore generale deve sapere progettare e deve conoscere le regole fondamenti. Deve partire dal niente e deve “fare” un progetto.

Per esempio se devo costruire un telefonino e i tecnici mi progettano un telefonino che dura 36 ore leggero e compatto e poi mi presentano un prodotto pesante e dura 12 ore. Io devo sapere come devo fare a capire di risolvere il problema.

Un manager deve sapere scegliere.

Negli anni 90’ si incominciavano a mettere delle ragazze giovani delle funzioni commerciali. Era una novità assoluta, perché a capo delle funzioni commerciali c’era sempre un ingegnere piuttosto vecchio, “incazzoso”, che prendeva per il collo in cliente e gli diceva che non capiva niente. Nel mondo dell’informatica non si trovava un ingegnere di quel calibro li e allora è venuto in mente di mettere una ragazza la quale si coordinata con 4 o 5 ragazzotti commerciali e otteneva risultati importanti. Un po’ perché erano più svegli, un po’ perché avevano capito bene quello che facevano. Da li è nata anche nelle aziende dove c’erano gli ingegneri con le teste quadre. In più le università hanno cominciato a fornire laureati ingegneria in economia, per lo più donne e la cosa si è sviluppata e adesso ce ne sono parecchie di donne a capo degli uffici commerciali. Le donne sul lavoro sono molto più precise.

Video ricordi di quando eravamo quello che eravamo

Che bei ricordi, li abbiamo fatti tutti e ancora: autostop senza pericoli, il bullismo c’è sempre stato lo dicevi alla mamma o alla maestra e tutto si sistemava (la Tua maestra una sola e non tre o quattro..) poi con i grembiulini tutti uguali, giocare sulle strade con i pattini ti facevi tirare con la bici!

Se continui così… se mi guardi così prima o poi parte un bacio lo sai e se

Se continui così… se mi guardi così prima o poi parte un bacio lo sai e se poi non ci stai, e se poi te ne vai va a finire… che esco di testa e io non ne ho nessuna voglia lo sai… non parlarmi così, non toccarmi. così la tua sana vergogna dov’è? non ti ho cercata ti ho incontrata, lo sai non ti ho chiamata mi hai risposto, lo sai NON TENTARMI DAI MI CONOSCI ORAMAI E SAI ANCHE CHE POI… NON TENTARMI DAI “che mi sanguina il cuore” e ti giuro “fa male” Se mi baci così…. se mi dici così come al solito diventa magico ancora io distante….. e mai altrove tu chissà….. chissà dove? !…. è per questo… che mi chiedo perché per stare bene solo un’ora con te dovrei star male tutto il resto del tempo che mi resta senza di te NON TENTARMI DAI MI CONOSCI ORAMAI E SAI ANCHE CHE POI NON TENTARMI DAI “più mi sanguina il cuore” “più ci entri e fai male” IO CHE ADESSO RIVIVO E DESCRIVO IL PASSATO DICENDO E’ FINITA DA UN PO’ IO CHE scrivo SUI MURI DEL tempo ALTRI NOMI CHE FANNO GIA’ PARTE DI ME NON TENTARMI… dai…

Una scusa per sbirciare negli occhi e vedere come brillano

Sbirciare negli occhi.

Questa idea nasce con un mare di intenti: far diventare belle le cose brutte; ad esempio:

Trasformare in stelle filanti tutti quelli che prima sembrano errori gravi, con un bel respiro e una manciata di colori.

Chiedere scusa, chiedere per piacere, firmare una dichiarazione di pace.

Dire a una persona che è bella, che è bella così com’è.

Fare gli auguri di compleanno e nel frattempo dire al tuo amico, alla tua amica, che gli vuoi bene, bene con il cuore e che niente è più importante di questo momento.

Invitare a ballare la tua compagna, o il tuo compagno, di banco, o di ufficio, o di pensionato, anche se è solo una scusa per sbirciarle negli occhi e vedere come brillano.

Queste cose fanno bene a tutti, e tutti dovrebbero farle e dirle. A chi non riesce a dirle posso offrire una mano, un piede, tutte le mie dita che suonano sulla tastiera e trasformare i suoi propositi in pensieri, poi in parole ma, prima ancora che in parole, in colori luccicanti.

Potreste chiamarmi e, quando vi va, chiamatemi. Gian Battista è a vostra disposizione 😉

inventare = riempire di vento, prendere il volo

Scusa, aiuto, ti amo

Mi ricordo il titolo di una bellissima canzone scritta da una cantautrice italiana: Valeria Rossi. Diceva: Tre parole. Anch’io ho tre parole che mi hanno segnato.

Le tre parole, le lessi su un libro e lo stesso giorno me le sentii dalla voce sicura del mio amico Mauro, alla fine di un corso di formazione realizzato assieme a lui; per questo motivo abbiamo realizzato assieme la slide finale e più o meno riporta queste frasi:

  • Se abbiamo sbagliato a dire qualcosa vi chiediamo SCUSA
  • Quando vi chiediamo AIUTO è perché ne abbiamo bisogno
  • Vi AMIAMO e AMIAMO la vita perché la Vita rimane la cosa più bella che abbiamo.

L’altro giorno un grande personaggio, di cui vado fiero di essere amico, mi ha chiesto scusa. Non me l’aspettavo!

Quando diciamo no e ci facciamo una convinzione tendiamo a non cambiare idea. Anche se abbiamo capito di aver sbagliato, il nostro orgoglio ci impedisce di cambiare idea e di chiedere SCUSA.

Scusa, non dobbiamo chiederlo solo per delle quisquiglie, chiedere scusa è un’opportunità per farci perdonare dal cuore.

Scusa: ho raccolto alcuni aforismi che mi piacevano e vorrei condividerli con te:

  • In alcune famiglie, “per favore” è descritta come la parola magica. Nella nostra casa, tuttavia, è “scusami”.
    (Margaret Laurence)
  • Scusarsi non significa sempre che tu hai sbagliato e l’altro ha ragione. Significa semplicemente che tieni più a quella relazione del tuo orgoglio.
    (Anonimo)
  • L’intelligenza è quella cosa che se chiedi dici “per favore”, se ricevi dici “grazie” e se sbagli chiedi “scusa”.
    (Twitter)
  • Il primo a chiedere scusa è il più coraggioso. Il primo a perdonare è il più forte. Il primo a dimenticare è il più felice.
    (Anonimo)
  • Forse “chiedere scusa” fa la differenza? Lo fa sempre?. E’ solo una parola. Una parola contro un migliaio di azioni.
    (Sarah Ockler)
  • Non saper chiedere scusa è una vetrina che aumenta il prezzo man mano che la guardi
    (Twitter)
  • Il perdono non cambia il passato, ma fa allargare il futuro.
    (Paul Boese)
  • Le uniche azioni corrette sono quelle che richiedono né spiegazioni né scuse.
    (Red Auerbach)
  • Chiedere scusa cancella l’errore ma lascia un alone, e fogli cancellati troppe volte, perdono la capacità di essere scritti ancora
    (Twitter)

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Ciò che mettiamo in gioco alla fine ci viene restituito. Le 17 pecore.

Molto tempo fa un anziano pastore, lasciò in eredità le sue 17 pecore ai tre figli.
Al suo primo figlio lasciò la metà degli animali.
Al secondo figlio un terzo del gregge e il figlio più giovane un nono.
Quando il padre anziano passò a miglior vita i figli cominciarono a negoziare l’eredità promessa.
Al momento di fare i conti, però, ben presto si resero conto che il 17 non si divide per 2, né per 3, né per 9.
Più negoziavano e più i tre fratelli non arrivavano mai a una conclusione per rispettare la decisione del padre defunto.
Decisero di rivolgersi al saggio del paese. Lo incontrarono e dopo aver raccontato la loro storia, il saggio rispose che non sapeva come aiutarli e questi, dispiaciuto, diede loro una pecora con la speranza di contribuire a trovare la soluzione.
Con sorpresa, con la pecora aggiunta, il gregge contava ora 18 pecore.
Il ragazzo più anziano prese le sue 9 pecore (la metà di 18 è 9), il secondo figlio prese le sue 6 pecore (un terzo di 18 è 6), e il ragazzo più giovane prese le sue due pecore (un nono di 18 è 2).

Ma la somma di 9+6+2 è 17 e quindi rimase una pecora in più e i tre fratelli, davanti a tanto stupore, restituirono la pecora al saggio e lo ringraziarono”.

Morale: Ciò che mettiamo in gioco alla fine ci viene restituito

Il pensiero laterale ci permette di uscire dagli schemi e di ricercare con il nostro inconscio la giusta soluzione. L’inconscio trova sempre un accordo.