Quattro serate di mentalismo a Bergamo

Carissimi amici ciao.

Questa settimana sono stato “ingaggiato” per quattro eventi. è la prima volta e mi sento anche un po’ emozionato.ssi.

  • Domani Mercoledì 14 dicembre alle ore 20:00 al Ristorante il Pianone di Bergamo (www.ilpianone.it)parteciperò assieme ai mentalisti Lorenzo Manchi e Marco Morrone (i custodi dei miei segreti) all’evento: https://www.facebook.com/forzaitaliabergamo/photos/a.524865507633389.1073741828.494263677360239/1135999813186619/?type=3&theater
  • Giovedì 15 dicembre alle ore 20,00 – Cena di Natale del Rotary Dalmine Centenario presso la Vacherie presso il ristorante LA VACHERIE (Brusaporto, Via Cascina La Cà),.
  • Venerdì 16 dicembre
  • Sabato 17 dicembre
    • Sabato 17 dicembre 2016 – ore 10:30 – Hospital Street
    • Interact Club Bergamo per la pediatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII www.interactbergamo.it
    • Magie di carta
    • Spettacolo di Oreste Castagna di Rai Yo-Yo
    • Con Benedetta e Daniela di Format Teatro, le bolle di Marcello Loiacono
    • I giochi di magia di Gian Battista Gualdi
    • Spettacolo gratuito aperto a tutti

Proverbi – la clessidra e moto perpetuo

Proverbi sul moto perpetuo e sulla clessidra – per me la clessidra ha a che fare con l’infinito

“Vedere un mondo in un granello di sabbia, e un cielo in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della tua mano, e l’eternità in un’ora “.

Innocence di William Blake

L’amore è come una clessidra, col cuore che si riempie e il cervello che si svuota

Jules Renard

L’albero della vita è, come la clessidra, un simbolo dei tempi che si intersecano nell’eterno – è qui la sezione, nel colletto della radice. Qui è il punto che chiamiamo attimo, al di sotto di esso vediamo estendersi il passato, al di sopra il futuro.
Nell’albero ammiriamo la potenza dell’archetipo.

Citazione di Ernst Jünger

L’amore è come una clessidra, piano piano col passare del tempo il cuore si svuota e le palle si riempiono.

Michele Foresta – Mr. Forest

 

Free – cos’è la libertà

Diversi anni fa avevo scaricato questo filmato davvero emozionante. Poi ho cambiato il computer e l’ho perso. Sapevo di averlo perso solo di vista, infatti lui c’era era sempre stato li: sul mio pc.

Per questo video, a suo tempo, avevo scritto questo titolo: Libertà Fratellanza Legalità.

Finalmente l’ho trovato e non vedevo l’ora di condividerlo con voi.

Grazie per quando e quanto lo guarderete e ascolterete la preziose parole.

La parola io – «ih oh, ih oh, ih ho». Giorgio Gaber e la Telephon Company

Una delle più belle canzoni di Giorgio Gaber, tratta dall’album “Io non mi sento italiano”.

Questa canzone racconta l’egoismo nella nostra società, la voglia di accaparrarsi qualsiasi cosa e di diventare famosi a volte anche “disfandosi” della propria identità e dei propri valori. Insomma perdendosi.

A volte la parola io è quella che “fa” l’asino quando raglia, altro non è che un insieme di ragli, suoni acuti e suoni bassi alternati.

«ih oh, ih oh, ih ho».

Le ragioni per cui un asino o chi pronuncia spesso il fonema io possono essere diverse: la fame, la solitudine, qualcosa che non va. Cerca in internet il verso dell’asino:


La New York Telephon Company commissionò uno studio dettagliato sulle conversazioni telefoniche per trovare qual è la parola usata più di frequente. Sapete qual è? “Io”. Fu adoperata ben 3900 volte in 500 conversazioni telefoniche. “Io,io,io.”


Testo della canzone cantata da Giorgio Gaber

La parola io
è un’idea che si fa strada a poco a poco
nel bambino suona dolce come un’eco
è una spinta per tentare i primi passi
verso un’intima certezza di se stessi.

La parola io
con il tempo assume
un tono più preciso
qualche volta rischia
di esser fastidioso
ma è anche il segno
di una logica infantile
è un peccato ricorrente ma veniale.

Io, io, io
ancora io.

Ma il vizio dell’adolescente
non si cancella con l’età
e negli adulti stranamente
diventa più allarmante e cresce.

La parola io
è uno strano grido
che nasconde invano
la paura di non essere nessuno
è un bisogno esagerato
e un po’ morboso
è l’immagine struggente del Narciso.

Io, io, io
e ancora io.

Io che non sono nato
per restare per sempre
confuso nell’anonimato
io mi faccio avanti
non sopporto l’idea di sentirmi
un numero fra tanti
ogni giorno mi espando
io posso essere il centro del mondo.

Io sono sempre presente
son disposto a qualsiasi bassezza
per sentirmi importante
devo fare presto
esaltato da questa mania
di affermarmi ad ogni costo
mi inflaziono, mi svendo
io voglio essere il centro del mondo.

Io non rispetto nessuno
se mi serve posso anche far finta
di essere buono
devo dominare
sono un essere senza ideali
assetato di potere
sono io che comando
io devo essere il centro del mondo.

Io vanitoso, presuntuoso
esibizionista, borioso, tronfi o
io superbo, megalomane, sbruffone
avido e invadente
disgustoso, arrogante, prepotente
io, soltanto io
ovunque io.

La parola io
questo dolce monosillabo innocente
è fatale che diventi dilagante
nella logica del mondo occidentale
forse è l’ultimo peccato originale.
Io.

Credits
Writer(s): Alessandro Luporini, Giorgio Gaberscik
Copyright: Warner Chappell Music Italiana S.r.l.
Lyrics powered by www.musixmatch.com

Link

Idea, guardare o vedere. Il significato profondo

Idea, guardare o vedere. Il significato profondo e i proverbi

Tutto è cominciato perché volevo dare il significato a un effetto magico, non avrei mai pensato di riscoprire il valore della parola idea grazie ad un gioco con le carte.

“Ho un idea!”; significa che sono proprio li. È come quando la vedi dall’interno.

La sto guardando. È come se la guardassi dall’esterno.

Vorrei che per un momento voi pensaste all’azione: guardo il mio corpo e vedo il mio corpo. Come la percepiamo? Come percepiamo il nostro corpo?

Chiudi gli occhi e rifletti sulla differenza.

Come è? Che sensazioni hai avuto?

Vorrei ora raccogliere alcuni proverbi. Quando vuoi compila il form e li inserirò qui sotto

Vedere

  • Chi s’è visto s’è visto!
  • Dio vede e provvede.
  • Il buongiorno si vede dal mattino.
  • Occhio non vede cuore non duole.
  • Vedi Napoli e poi muori.
  • Chi getta un seme lo deve coltivare, se vuol vederlo con il tempo germogliare.

Guardare

  • A caval donato non gli si guarda in bocca.
  • Bisogna guardare non a quello che entra, ma a quello che esce.
  • Chi più guarda, meno vede.

Chi sta a guardare non soffre.

Guardare e vedere: ho avuto un’idea

Ho un idea? Cosa accade nella nostra mente?

Riflettiamo sul valore della parola idea. Idea ha un significato interessantissimo. Approfondiamo.

Ho scoperto recentemente che idea ha un significato diverso da quello che normalmente le attribuivo. Essa trae le sue origini dal termine greco “vedere”.

Leggete bene la parola “Idea”, usate la e (è) aperta; questo è ciò che consiglia la dizione italiana.

Guardare richiede spesso molta energia e un’attenta analisi dei dettagli.

Vedere ci permettere di vivere un’idea di essere dentro, all’origine di un nuovo percorso.

Vedere e guardare – Differenze
Ecco un appunto di Italiano basato su un’analisi approfondita, argomentato attraverso numerosi esempi, sul diverso significato dei due verbi e sul loro (conseguente) diverso utilizzo.
Vedere e guardare sono verbi dal significato profondamente diverso e non sempre (io direi quasi mai) fungono da sinonimi. Cerchiamo di capire il perché attraverso un semplice esempio:

– In questi giorni ho visto la differenza tra lui e te.
– In questi giorni ho guardato la differenza tra lui e te.

Partiamo dalle sensazioni.
Clicca qui e continua a leggere


Definizione del verbo guardare presente nel Vocabolario Treccani.it:

«Dirigere gli occhi, fissare lo sguardo su qualche oggetto (non include necessariamente l’idea del vedere, in quanto si può guardare senza vedere, così come si può vedere qualche cosa senza rivolgervi intenzionalmente o coscientemente lo sguardo) […]».


Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere.
(Henry David Thoreau)


Oggi ho avuto un’idea, una visione, imparerò a donare il potere di vedere il mondo dopo averlo guardato.

Dieci buone regole a tavola e la nostra tovaglia

Le dieci buone regole a tavola e la storia di mio papà.

Mangiavamo sempre da soli, sì da soli; mio papà e mia mamma erano titolari di due piccole imprese lui fotografo, lei albergatrice.

Tuttavia qualche volta alla domenica si riusciva mangiare assieme, vuoi perché uno chiamava l’altro e alla fine c’eravamo tutti. Era un momento importante.

Quando mio padre cominciò a non star bene, egli arrivava dopo che avevamo finito a tavola. Si appartava e mangiava da solo.

Allora ci fu dato un consiglio: mettere la tovaglia e imbandire la tavola anche per lui. Non lo avevamo mai fatto. Fu un successo. Ancora oggi, la nostra famiglia, nelle occasioni importanti, mette la tovaglia e rispetta (quasi sempre) le dieci regole.

  • Mangiare tutti insieme
  • Niente cellulare a tavola
  • Spegnere la televisione
  • Gustarsi il pasto (consiglio di appoggiare la forchetta dopo ogni boccone)
  • Tutto il cibo è buono (ancora di più quando è quello di stagione)
  • Dire per favore e grazie
  • Non parlare con la bocca piena
  • Non finire quello che c’è nel piatto
  • Non alzarsi prima di aver finito
  • Dare il “bacio” al cuoco

Buon appetito

Il tempo e le circostanze possono cambiare

Il tempo e le circostanze possono cambiare in ogni momento.

Quando un uccello è vivo, mangia le formiche. Quando l’uccello e morto, le formiche mangiano l’uccello.

Non sottostimare o ferire nessuno nella vita. Puoi essere potente oggi, ma ricorda: Il tempo è più potente di te!

Un albero serve a creare un milione di fiammiferi. Ma basta un solo fiammifero per bruciare milioni di alberi.

Perciò sii buono e fai cose buone.

Il tempo è la realtà più preziosa che abbiamo e il segreto sta sempre nel donarlo. Solo in questo modo arriveremo alla fine dei nostri giorni senza rimpianti.

Tra qualche tempo mi piacerebbe raccontarti un’altra storia sulla resina degli alberi e quando vuoi puoi sempre regalarmi una tua perla di saggezza. Sarò lieto di condividerla.

Dice il vecchio saggio: chi ha tempo non aspetti tempo.

La “parola” è appannaggio di pochi?

Nostra convinzione è che la “ parola ” sia appannaggio di pochi, ma essa è strumento che può essere sfruttato validamente.

Non ignoriamo certo che alcune categorie di persone, insegnanti, avvocati, rappresentanti, ecc., fanno della parola un uso ampio e intenso, ma pensiamo pure che il più delle volte ciò che viene espresso sia affidato solo all’istinto, e che quindi, di sovente, non riesca del tutto efficace.

L’espressione viene viziata dall’ignoranza di come si possano portare più chiari e ben delineati i propri accenti a chi ci ascolta, e di come si riesca, dopo uno studio appropriato, a dare spontaneamente, senza toni falsi, un maggior peso, un valore e un’efficacia migliori a tutte le componenti del discorso.

A tendere insomma più facilmente alle finalità che chi parla si propone di ottenere. Questa finalità diviene poi di importanza determinante quando, per esempio, l’interlocutore di un insegnante non sia un normale soggetto, ma abbisogni di un intervento educativo correttivo.

L’azione principale di chi parla, allora, non dovrà essere intralciata ma favorita dall’eloquio e le ragioni sono facilmente intuibili.

Tuttavia, anche nei normali rapporti tra persone la fruibilità e la correttezza, che noi auspichiamo, recitano un ruolo primario.

Spesso, la coscienza di non riuscire ad essere intesi e capiti con piacere, favore, nitidezza e nel senso giusto, pone del limiti al comportamento di una persona e ne modifica l’atteggiamento nella: vita di relazione.

La magia è nel potere delle parole.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il cominciare

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il cominciare

Poi si può aggiungere.

“Perché se ci metti il mare rischi pure di annegare.”

Trovo questa citazione semplicemente fantastica, mi ha fatto riflettere molto e l’ho usata quando dovevo far fare la “scelta” a persone indecise.

Ho usato questa metafora anche per concludere la fase finale di una vendita; proprio quando è il momento di chiedere una trattativa o un contratto lo faccio, la dico e subito dopo, faccio seguire la mia dichiarazione con un gran silenzio. Il cliente firma e fa l’ordine. Incredibile.

Una volta ho sentito dire che tra il tra il dire e il fare c’è di mezzo “e il”. Banale? Forse, è comunque un modo diverso d’interpretare questo modo di dire. Un altro modo di dire è anche: Tra il dire e il fare c’è di mezzo il … come.

In google si possono trovare anche altre interpretazioni. Guardatele.

Tra il dire e il fare: cosa metteresti?