Stupore e pregiudizio il potere dell’ascolto

Spesso il nostro giudizio viene prima di avere compreso il messaggio.

Vediamo lo stupore sul viso delle persone che si stanno guardando e che a volte non capiscono e spesso facciamo così anche noi nei loro confronti e con gli altri.

Ci piace stare comodi e non uscire al di fuori delle nostre convenzioni e convinzioni.

Trovo questo artista semplicemente geniale e incompreso fino alla fine. Ad un certo punto, con stupore, pensavo di aver sbagliato video e di trovarmi a vedere il solito video spazzatura.

Lo amerete anche voi. Godetevi, con stupore, questi minuti di video e fatevi trasportare in un nuovo mondo con l’unica parola veramente potente per fare tutto il resto. FIDATEVI.

All’inizio le persone sembrano interessate, poi curiose, annoiate, disturbate, quasi come se fossero li e stessero pensando di perdere del tempo, di seguito amareggiate e infine anche disturbate, ma in un attimo guardate anche voi cosa succede.

É un pittore molto particolare e creativo, è la prima volta che vedo un lavoro del genere.

Questo video mi ha fatto capire due fattori:

  • il primo di ascoltare fino alla fine ciò che uno ha da dire o da mostrami,
  • il secondo è che tutto ciò deve durare da un minuto fino al massimo di un minuto e trenta secondi. PUNTO.

Il video è tratto dalla trasmissione Anderson weekdays – Stage in ‘Anderson’s Viewers Got Talent’

Il mentalismo e la prestidigitazione

Un Giovedì di Aprile assieme ad Alberto Calabria abbiamo intrattenuto i soci e gli ospiti del Rotary Dalmine Centenario, regalando momenti intensi di Magia.

La serata voleva essere l’occasione per divertire attraverso le arti classiche della magia, la magia generale, la manipolazione, la cartomagia e micromagia, la magia mentale conosciuta come “Mentalismo”.

Ci siamo stupiti e abbiamo stupito regalando, ad ogni presente, diversi momenti magici con oggetti che si trovavano sui tavoli come carte, monete, fili, anelli e i nostri racconti e le nostre storie.

Gian Battista e Alberto, l’uno completamente vestito di Bianco affascinando con la prestidigitazione e l’altro completamente di Nero meravigliando con il mentalismo abbiamo raccontato le nostre storie spiegando che non esistono trucchi di magia e che il successo è il participio passato del verbo SUCCEDERE.

Siamo stati ai tavoli interessando il pubblico davvero attento e permettendogli di vedere, sentire e gustare la realtà da un punto di vista diverso e coinvolgente. Il nostro obbiettivo, considerato che è la prima volta che intrattenevamo assieme, non era quello di essere al centro dell’attenzione ma di permettere a ognuno e a tutti gli spettatori il fulcro della serata. La vera missione del mago è credere fermamente che la vera magia è nello spettatore e che spesso “siamo noi i maghi della nostra vita e del nostro destino e siamo noi a poter fare ACCEDERE LE COSE quando decidiamo di essere al servizio degli altri”.

La magia incanta e ci permette di stupirci e di ritornare bambini. “Quando ci lasciamo attrarre dal ciò che accade, il mondo ci sembra diverso e permette a noi e ai nostri pensieri di ritornare a credere nei nostri sogni e alla bellezza di ciò che in ogni istante della vita ACCADE e ci MERAVIGLIA. Viviamo il momento, cogliamo l’attimo e facciamoci AFFASCINARE DALLA NOSTRA MAGIA”.

I monaci e il Budda d’oro

Nell’autunno del 1988 Jack Canfield fu invitato a tenere una conferenza sull’amor proprio e sull’efficienza massima in un convegno ad Hong Kong.

Ciò che lo colpì maggiormente delle cose viste durante questo viaggio fu il tempio di Budda a Bangkok, un tempio molto piccolo che custodisce la statua di un Budda d’oro alto più di tre metri, del peso di oltre due tonnellate e mezza, valutato 196 milioni di dollari!

“Era una visione che incuteva timore: – commenta Canfield – un Budda d’oro massiccio dall’aria gentile ma imponente che ci sorrideva dall’alto”.

Accanto alla statua c’era una bacheca in cui era riportata la sua storia:

Nel 1957 alcuni monaci di un monastero dovevano trasferire un Budda d’argilla dal loro tempio a una nuova sede. Il monastero doveva essere trasferito per far posto alla costruzione di una superstrada attraverso Bangkok.

Quando la gru cominciò a sollevare l’idolo gigantesco, il peso era così formidabile che la statua cominciò ad incrinarsi. Per di più cominciò a piovere. Il monaco superiore, preoccupato di non danneggiare il sacro Budda, decise di rimettere a terra la statua e di ricoprirla con un grande telone per proteggerla dalla pioggia.

Più tardi, quella sera, il monaco superiore andò a controllare il Budda. Accese la torcia elettrica sotto il telone per vedere se il Budda era asciutto. Quando la luce raggiunse l’incrinatura, il monaco notò uno strano riflesso. Guardando meglio, si chiese se non potesse esservi qualcosa sotto l’argilla. A mano a mano che venivano via i pezzi d’argilla, il bagliore si faceva più vivido e più esteso.

Trascorsero molte ore di lavoro prima che il monaco si trovasse faccia a faccia con lo straordinario Buddha in oro massiccio. Gli storici ritengono che diverse centinaia di anni prima della scoperta del monaco l’esercito birmano stesse per invadere la Thailandia (allora chiamata Siam).

I monaci siamesi, rendendosi conto che il loro Paese sarebbe stato ben presto attaccato, coprirono il prezioso Budda d’oro con uno strato esterno d’argilla per impedire che il loro tesoro venisse trafugato dai birmani.

Purtroppo, a quanto pare, i birmani massacrarono tutti i monaci siamesi e il loro segreto ben custodito dal Budda d’oro rimase intatto fino a quel giorno fatale del 1957.

Tornando a casa – scrive Canfield – in aereo cominciai a pensare fra me: tutti siamo come il Budda d’argilla, coperti da una crosta di durezza costituita dalla paura, oppure sotto ciascuno di noi vi è un “Budda d’oro” o un “Cristo d’oro” o “un’essenza d’oro” che è il nostro vero Io.

A un certo punto della nostra vita, fra i due e i nove anni d’età, cominciamo a coprire la nostra “essenza d’oro”, il nostro io naturale. Più o meno come il monaco, con martello e scalpello, il nostro compito ora è di scoprire la nostra vera essenza.

Perché non porre tra gli obiettivi del nuovo anno scoprire il tesoro racchiuso dentro di te!

Se cominciamo ad entrare dentro noi stessi, a guardarci con affetto e stima, a capire chi siamo veramente quanto poco diamo e quanto invece potremmo dare a noi stessi ed agli altri se solo ne saremo consapevoli, avremmo probabilmente una visione diversa di noi stessi ed un modo diverso di affrontare la vita.

Una forza ed una sicurezza in più che acquisisci quando sei congruente nelle tue azioni col tuo “IO” vero, interiore.

Lasciate che vi chieda: avete della vostra vita una missione e una visione?

Il viaggio ti rende felice, non la destinazione

Ieri ho parlato con una grande persona.
Vagando tra i nostri pensieri, in una sintonia unica con lei, mi sono sentito dire: il viaggio, l’esperienza, ti rende ricco e felice, non la destinazione.

Per molti, la destinazione è sicura e a volte può essere la morte. Si può essere anche questa oppure è un nuovo inizio.

Tutto questo mi ha fatto ricordare un video tratto da “La forza del Campione”.

Viviamo ogni istante e saremo ricchi e sempre pronti.

Usare l’incoraggiamento. Mostrare quant’è facile correggere gli errori.

Clarence M. Jones, uno degli insegnanti del nostro corso a Cincinnati, nell’Ohio, raccontò che l’incoraggiamento e il mostrare quanto sia facile correggersi cambiò completamente la vita di suo figlio.

“Nel 1970 mio figlio David, che aveva allora quindici anni, venne a vivere con me a Cincinnati. Aveva avuto un’infanzia difficile nel 1958 per un incidente di macchina aveva subito un colpo in testa che gli aveva lasciato un’orrenda cicatrice sulla fronte. Nel 1960 sua madre e io divorziammo e lui andò a vivere a Dallas con lei. Fino a quindici anni aveva passato la maggior parte degli anni scolastici in classi differenziali; forse a causa della ferita gli insegnanti avevano deciso di considerarlo un ritardato e non volevano saperne di ritenerlo un individuo normale. Era indietro di due anni. Non sapeva fare le moltiplicazioni, per le addizioni usava ancora le dita e a stento sapeva scrivere.”

“C’era solo un aspetto positivo; gli piaceva un sacco lavorare con le radio e i televisori. Voleva diventare un tecnico televisivo. Io incoraggiavo le sue ambizioni e gli facevo notare che aveva bisogno della matematica per qualificarsi nella sua professione. Decisi di aiutarlo a diventare bravo in matematica. Comperammo quattro set di giochi matematici: moltiplicazione, addizione, divisione, sottrazione. Giocavamo insieme e quando David non trovava la risposta giusta gliela spiegavo io e lui poi si esercitava finché non riusciva a darla giusta spontaneamente. Lo incoraggiavo moltissimo ogni volta che dava la risposta esatta, specie se era una domanda nel rispondere alla quale di solito sbagliava clamorosamente. Ogni sera ci cronometravamo per stabilire i tempi di risposta. Gli promisi che, non appena fosse stato in grado di dare tutte le risposte esatte in otto minuti, avremmo smesso di fare quell’esercizio ogni sera. Sembrava una meta impossibile per David. La prima sera ci mise 52 minuti, la seconda 48, poi 45, 44, 41, poi sotto i 40 minuti. Festeggiavamo ogni volta che il tempo diminuiva. Andavo a chiamare la mia seconda moglie, ci abbracciavamo e facevamo festa insieme. Alla fine del mese era riuscito a dare tutte le risposte giuste in otto minuti.

Quando faceva un piccolo miglioramento, gli chiedevamo di migliorare ancora. Aveva fatto la fantastica scoperta che imparare è facile e divertente.

“Naturalmente i voti in algebra ebbero un balzo all’insù. È fantastico constatare come è più facile l’algebra se si sanno fare le moltiplicazioni. Si stupì lui stesso di portare a casa un “buono” in matematica. Mai successo prima. Altri cambiamenti si manifestarono con incredibile rapidità. La sua capacità di lettura migliorò rapidamente, e cominciò a mostrare un talento naturale nel disegno. Più tardi, nel corso dell’anno scolastico, l’insegnante di scienze gli assegnò il compito di preparare una dimostrazione esplicativa. Lui scelse di sviluppare una serie molto complessa di modelli per dimostrare come funzionano le leve. Si richiedeva non solo abilità nel disegno e nel fare i modelli, ma anche in matematica applicata. La sua dimostrazione ebbe il primo premio nella sua scuola e il terzo fra tutte le scuole della città.

“Ecco come stavano le cose: era un ragazzo indietro di due anni nell’apprendimento cui era stato detto che era ritardato. Era stato chiamato “Frankenstein” dai suoi compagni di classe e si era sentito dire che con ogni probabilità quel poco cervello che aveva lo aveva perso perché era fuoriuscito dalla ferita quando si era fatto male da piccolo. Improvvisamente aveva scoperto che poteva imparare e fare belle cose. Risultato: da allora fino alla fine delle superiori fu sempre tra i primi. Nella scuola superiore fu iscritto nel libro d’oro. Dopo aver capito che imparare era facile, tutta la sua vita era cambiata.”

Dale Carnegie

Dedicata a Gabriele

La mappa non è il territorio

La mappa non è il territorio. Si noti che la frase usa il predicato non è.

Questo esempio, uno dei tanti, mostra che Korzybski non intendeva abbandonare il verbo essere come tale. Disse espressamente che non vi erano problemi strutturali con il verbo essere, quando usato per definire l’esistenza o la locazione. Qualche volta sarebbe anche corretto usare le forme sbagliate di tale verbo, purché si resti consapevoli delle loro limitazioni strutturali.

Alfred Korzybski

 

Concetti fondamentali sulla PNL

L’idea centrale della PNL è che la totalità dell’individuo interagisce nelle sue componenti (“linguaggio”, “convinzioni” e “fisiologia”) nel creare percezioni con determinate caratteristiche qualitative e quantitative: l’interpretazione soggettiva di questa struttura dà significato al mondo.

Modificando i significati attraverso una trasformazione della struttura percettiva (detta mappa, cioè l’universo simbolico di riferimento), la persona può intraprendere cambiamenti di atteggiamento e di comportamenti. La percezione del mondo, e di conseguenza la risposta ad esso, possono essere modificate applicando opportune tecniche di cambiamento.

 

« Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio… perfino l’amore e l’odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale. »

Gregory Bateson, Dove gli angeli esitano

La storia del taglialegna

C’era una volta un possente taglialegna in cerca di lavoro. Dopo aver girato diverse città, il taglialegna trovò finalmente impiego presso un importante commerciante di legno. L’ottima paga e le eccellenti condizioni di lavoro convinsero il taglialegna a dare il meglio di sé.

Il primo giorno il capo diede al nuovo arrivato un’ascia e gli indicò l’area del bosco dove avrebbe dovuto lavorare. Al termine della giornata, il possente taglialegna frantumò il record degli altri dipendenti, raggiungendo i 18 alberi abbattuti. Il capo si congratulò sinceramente con lui e questo motivò ancor più il taglialegna.

Il secondo giorno il taglialegna lavorò con tutte le sue energie, ma al tramonto gli alberi abbattuti furono 15. Per nulla demoralizzato, il terzo giorno il taglialegna si impegnò con ancora più vigore, ma anche questa volta il numero di alberi calò: 10 unità. Per quanta energia mettesse nel suo lavoro, giorno dopo giorno, il numero di alberi abbattuti continuò a calare inesorabilmente.

Mortificato, il taglialegna sì presentò dal capo scusandosi per lo scarso rendimento. Al che l’esperto commerciante di legno pose al suo dipendente una semplice domanda: “Quando è stata l’ultima volta che hai affilato la tua ascia?“. Un po’ imbarazzato il taglialegna rispose: “Signore, non ho avuto tempo per affilare la mia ascia, ero troppo impegnato a tagliare gli alberi“.

La zanzara e il leone

C’era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al Re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande Re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all’insetto. “Oh! Buongiorno”.

Rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio.
La zanzara disse: “Sire, sono giunta davanti a Voi per lanciarvi una sfida!” Il leone, un po’ più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.

‘Voi “continuò l’insetto “credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!” Il Sovrano divertito disse: “Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!” In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d’ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. Il “Singolar Tenzone” ebbe inizio. L’insetto andò immediatamente a posarsi sul largo naso dell’avversario cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli. Estenuato, il Re della foresta, si gettò a terra sconfitto. Così, la piccola zanzara fu acclamata da tutti i presenti. Levandosi in volo colma di gioia, la zanzara non si accorse però della tela di un ragno tessuta tra due rami e andò ad imprigionarvisi proprio contro. Intrappolato in quell’infida ragnatela l’insetto scoppiò in lacrime, consapevole del pericolo che stava correndo. Fortunatamente il leone, che aveva assistito alla scena, con una zampata distrusse la tela e liberò la piccolina dicendo:

“Eccoti salvata mia cara amica. Ricordati che esiste sempre qualcuno più forte di te! E questo me lo hai insegnato proprio tu!” La zanzara, da quel giorno imparò a tenere un po’ a freno la propria spavalderia.

Le persone troppo sicure di sé riescono, a volte, a superare gli ostacoli più grossi ma inciampano spesso nelle difficoltà più piccole.

Favola di Esopo

Ti capisco, so che NON è facile. PERÒ. MA.

Un’insegnante di pianoforte, nel libro di Dale Carnagie, raccontò di come aveva risolto un problema che gli insegnanti di piano spesso hanno con le ragazze: le loro unghie eccezionalmente lunghe, che costituiscono un serio handicap per chiunque voglia suonare il pianoforte.

L’insegnante, ci racconta: “Sapevo che le unghie lunghe della mia allieva erano un ostacolo a suonare bene il piano. Durante le discussioni, prima che iniziassero le lezioni con me, non le feci cenno di questo problema, Non volevo scoraggiarla e del resto immaginavo che avrebbe voluto perdere quel che le dava così grande orgoglio: aveva infatti grande cura delle sue unghie che le stavano per la verità molto bene. Dopo la prima lezione, quando pensai che fosse venuto il momento, cominciai:

“hai delle mani bellissime e delle unghie molto curate.

PERÒ,

se vuoi suonare il piano come sei capace di fare, non hai idea di quanto sarebbe più semplice se ti tagliassi un po’ le unghie. Pensaci su, d’accordo?”

Lei fece una faccia offesa. Parlai anche a sua madre, premettendo che le unghie della figlia erano bellissime. Altra reazione negativa. Era ovvio che le unghie, così ben curate, erano una specie di vanto di famiglia. La settimana dopo tornò per la seconda lezione. Con mia grande sorpresa le unghie erano più corte. Mi congratulai e la lodai per aver fatto un tale sacrificio. Ringraziai anche sua madre, pensando che avesse influenzato la figlia nella decisione. Lei rispose:

“Oh, io non ho fatto niente. È stata lei a decidere ed è la prima volta che taglia le unghie”.

L’insegnante aggredì forse l’allieva dichiarando che rifiutava di insegnare a sua studentessa con le unghie lunghe? Niente affatto. Lasciò che fosse la sua allieva a rendersi conto che le unghie erano esteticamente belle e sarebbe stato un sacrificio tagliarle.

Il messaggio implicito era: “Ti capisco, so che NON è facile, MA migliorerà la tua resa musicale”.