1. I fratelli, che lavorano molto lontano e non possono essere presenti in coro nell’ora fissata per l’Ufficio divino,
2. se l’impossibilità in cui si trovano è stata effettivamente accettata dall’abate,
3. recitino pure l’Ufficio divino sul posto di lavoro, mettendosi in ginocchio per la reverenza dovuta a Dio.
4. Così pure quelli, che sono mandati in viaggio, non lascino passare le ore stabilite per l’Ufficio, ma lo recitino come meglio possono e non trascurino l’adempimento del dovere inerente al loro sacro servizio.
Capitolo XLIX – La quaresima dei monaci – 1, 10
1. Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale,
2. visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita,
3. profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno.
4. E questo si realizza degnamente, astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con impegno alla preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della parola di Dio, alla compunzione del cuore e al digiuno.
5. Perciò durante la Quaresima aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per es., preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere,
6. in modo che ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio “con la gioia dello Spirito Santo” qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione monastica;
7. si privi cioè di un po’ di cibo, di vino o di sonno, mortifichi la propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo e attenda la santa Pasqua con l’animo fremente di gioioso desiderio.
8. Ma anche ciò che ciascuno vuole offrire personalmente a Dio dev’essere prima sottoposto umilmente all’abate e poi compiuto con la sua benedizione e approvazione,
9. perché tutto quello che si fa senza il permesso dell’abate sarà considerato come presunzione e vanità, anziché come merito.
10. Perciò si deve far tutto con l’autorizzazione dell’abate.
Capitolo XLVIII – Il lavoro quotidiano – 22, 25
22. Anche alla domenica si dedichino tutti allo studio della parola di Dio, a eccezione di quelli destinati ai vari servizi.
23. Ma se ci fosse qualcuno tanto negligente e fannullone da non volere o poter studiare o leggere, gli si dia qualche lavoro da fare, perché non rimanga in ozio.
24. Infine ai monaci infermi o cagionevoli si assegni un lavoro o un’attività che non li lasci nell’inazione e nello stesso tempo non li sfinisca per l’eccessiva fatica, spingendoli ad andarsene,
25. poiché l’abate ha il dovere di tener conto della loro debolezza.
Capitolo XLVIII – Il lavoro quotidiano – 10, 21
10. Dal 14 settembre, poi, fino al principio della Quaresima, si applichino allo studio fino alle 9,
11. quando celebreranno l’ora di Terza, dopo la quale tutti saranno impegnati nei rispettivi lavori fino a Nona, e cioè alle 14.
12. Al primo segnale di Nona, ciascuno interrompa il proprio lavoro per essere pronto al suono del secondo segnale.
13. Dopo il pranzo si dedichino alla lettura personale o allo studio dei salmi.
14. Durante la Quaresima leggano dall’alba fino alle 9 inoltrate e poi lavorino in conformità agli ordini ricevuti fino verso le 4 pomeridiane.
15. In quei giorni di Quaresima ciascuno riceva un libro dalla biblioteca e lo legga ordinatamente da cima a fondo.
16. I suddetti libri devono essere distribuiti all’inizio della Quaresima.
17. E per prima cosa bisognerà incaricare uno o due monaci anziani di fare il giro del monastero nelle ore in cui i fratelli sono occupati nello studio,
18. per vedere se per caso ci sia qualche monaco indolente, che, invece di dedicarsi allo studio, perda, tempo oziando e chiacchierando e quindi, oltre a essere improduttivo per sé, distragga anche gli altri.
19. Se si trovasse – non sia mai! – un fratello che si comporta in questo modo, sia rimproverato una prima e una seconda volta,
20. ma se non si corregge, gli si infligga una punizione prevista dalla Regola, in modo da incutere anche negli altri un salutare timore.
21. Non è neppure permesso che un monaco si trovi con un altro fuori del tempo stabilito.
Capitolo XLVIII – Il lavoro quotidiano – 1, 9
1. L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio.
2. Quindi pensiamo di regolare gli orari di queste due attività fondamentali nel modo seguente:
3. da Pasqua fino al 14 settembre, al mattino verso le 5 quando escono da Prima, lavorino secondo le varie necessità fino alle 9;
4. dalle 9 fino all’ora di Sesta si dedichino allo studio della parola di Dio.
5. Dopo l’Ufficio di Sesta e il pranzo, quando si alzano da tavola, riposino nei rispettivi letti in assoluto silenzio e, se eventualmente qualcuno volesse leggere per proprio conto, lo faccia in modo da non disturbare gli altri.
6. Si celebri Nona con un po’ di anticipo, verso le 14, e poi tutti riprendano il lavoro assegnato dall’obbedienza fino all’ora di Vespro.
7. Ma se le esigenze locali o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente della raccolta dei prodotti agricoli, non se ne lamentino,
8. perché i monaci sono veramente tali, quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli.
9. Tutto però si svolga con discrezione, in considerazione dei più deboli.
Capitolo XLVII – Il segnale per l’Ufficio divino – 1, 4
1. Bisogna che l’abate si assuma personalmente il compito di dare il segnale per l’Ufficio divino, oppure lo affidi a un monaco diligente in modo che tutto avvenga regolarmente nelle ore fissate.
2. L’intonazione dei salmi e delle antifone, secondo l’ordine prestabilito, spetta, dopo l’abate, ai monaci appositamente designati.
3. E nessuno si permetta di cantare o di leggere all’infuori di chi è capace di farlo in maniera da edificare i suoi ascoltatori;
4. inoltre questo compito dev’essere svolto con umiltà, gravità e reverenza e solo dietro incarico dell’abate.
Capitolo XLVI – La riparazione per le altre mancanze – 1, 6
1. Se, mentre è impegnato in un qualsiasi lavoro in cucina, in dispensa, nel proprio servizio, nel forno, nell’orto, in qualche attività o si trova in un altro luogo qualunque, un monaco commette uno sbaglio,
2. rompe o perde un oggetto o incorre comunque in una mancanza
3. e non si presenta subito all’abate e alla comunità per riparare spontaneamente e confessare la propria colpa,
4. sarà sottoposto a una punizione più severa, quando il fatto verrà reso noto da altri.
5. Ma se il movente segreto del peccato fosse nascosto nell’intimo della coscienza, lo manifesti solo all’abate o a qualche monaco anziano,
6. che sappia curare le miserie proprie e altrui senza svelarle e renderle di pubblico dominio.
Capitolo XLV – La riparazione per gli errori commessi in coro – 1, 3
1. Se un monaco commette un errore mentre recita un salmo, un responsorio, un’antifona o una lezione e non si umilia davanti a tutti con una penitenza, sia sottoposto a una punizione più severa,
2. perché non ha voluto correggersi umilmente dell’errore commesso per negligenza.
3. Nel caso dei ragazzi, invece, per una colpa di questo genere si ricorra al castigo corporale.
Capitolo XLIV – La riparazione degli scomunicati – 1, 10
1. Il monaco che per colpe gravi è stato escluso dal coro e della mensa comune, al termine dell’Ufficio divino si prostri in silenzio davanti alla porta del coro,
2. rimanendo lì disteso con la faccia a terra dinanzi a tutti quelli che escono
3. e continui a fare in questo modo fino a quando l’abate non giudichi che ha sufficientemente riparato.
4. Quando poi sarà chiamato dall’abate, si getti ai piedi di lui e di tutti i fratelli per chiedere le loro preghiere.
5. Allora, se l’abate vorrà, potrà essere riammesso in coro al suo posto o a quello designato dallo stesso abate,
6. senza permettersi, però, di recitare un salmo, una lezione o altro, a meno che l’abate glielo ordini.
7. Inoltre al termine di tutte le Ore dell’Ufficio divino, si prostri a terra lì dove si trova
8. e faccia così la sua riparazione, finché l’abate non metterà fine a questa penitenza.
9. Quelli, invece, che per colpe più leggere sono stati esclusi solo dalla mensa, facciano penitenza in coro per il tempo stabilito dall’abate
10. e la ripetano fin tanto che questi li benedica e dica: Basta!
Capitolo XLIII – La puntualità nell’Ufficio divino e in refettorio – 13, 19
13. Per quanto riguarda il refettorio, chi non arriva prima del versetto in modo che tutti uniti dicano il versetto stesso, preghino e poi siedano insieme a mensa,
14. se la mancanza è dovuta a negligenza o cattiva volontà, sia rimproverato fino a due volte.
15. Ma se ancora non si corregge, sia escluso dalla mensa comune
16. e mangi da solo, separato dalla comunità e senza la sua razione di vino, fino a che non abbia riparato e si sia corretto.
17. Lo stesso castigo sia inflitto al monaco che non si trovi presente al versetto che si recita dopo il pranzo.
18. Nessuno poi si permetta di mangiare o di bere qualcosa prima dell’ora stabilita.
19. Ma il monaco che non avesse accettato ciò che gli era stato offerto dal superiore, quando desidererà quello che ha rifiutato in precedenza o altro, non ottenga assolutamente nulla fino a che non dimostri di essersi debitamente corretto.